sovescio Archivi - LA RICOLLA https://www.agricolalaricolla.it/tag/sovescio/ azienda agricola Wed, 02 Dec 2020 08:20:05 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 https://www.agricolalaricolla.it/wp-content/uploads/2020/11/cropped-favicon-2-32x32.jpg sovescio Archivi - LA RICOLLA https://www.agricolalaricolla.it/tag/sovescio/ 32 32 Il sovescio o inerbimento https://www.agricolalaricolla.it/2020/06/05/il-sovescio/ https://www.agricolalaricolla.it/2020/06/05/il-sovescio/#respond Fri, 05 Jun 2020 10:06:25 +0000 https://www.agricolalaricolla.it/2020/06/05/il-sovescio-4/ Il sovescio o inerbimento, è una tecnica utilizzata sempre più di frequente in viticoltura ed agricoltura, il cui scopo è apportare al terreno i nutrienti....

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Il sovescio o inerbimento, è una tecnica utilizzata sempre più di frequente in viticoltura ed agricoltura, il cui scopo è apportare al terreno i nutrienti della o delle specie piantate, che verranno falciate o interrate al termine della loro crescita. Tramite il sovescio non solo viene fertilizzato il terreno che verrà coltivato, ma si può anche rendere più stabile il suolo, aitando ne trattenere l’acqua e diminuendo l’erosione.

Si hanno molti benefici nella lotta ai parassiti e molti infestanti, grazie all’aiuto delle specie utilizzate per l’inerbimento del vigneto: si nota ad esempio una diminuzione degli attacchi di botrite

L’autunno è il periodo migliore per la semina del sovescio, e tra la fine di aprile l’inizio di maggio, con la pre-fioritura delle piante, mi sono occupato della pratica necessaria dell’interramento. In questa fase, infatti, le piante hanno raggiunto il loro massimo sviluppo e i tessuti vegetali hanno un contenuto equilibrato in fibre e proteine che ne permetterà una più rapida degradazione. Inoltre, lo sfalcio della coltura da sovescio in questo momento ne evita lo sviluppo successivo che altrimenti diverrebbe infestante per il vigneto.

I vantaggi del sovescio sono numerosi e si possono riassumere così: migliora il contenuto di sostanza organica e di humus del terreno, la struttura e la porosità del suolo; protegge il suolo e trattiene l’acqua; contribuisce all’approfondimento delle radici delle piante coltivate nel terreno;

favorisce il controllo delle erbe infestanti; può sostituire letame e concimi; contribuisce a portare in superficie i microelementi (ferro, boro, cloro, manganese, ecc.); aumenta la biodiversità e favorisce la presenza degli insetti utili.

Tra i principali vegetali utilizzati abbiamo le leguminose per il loro apporto di azoto al terreno. L’azoto favorisce lo sviluppo vegetativo perché è l’elemento plastico per eccellenza. Le più comuni leguminose utilizzate per il sovescio sono il favino, il trifoglio incarnato, la veccia comune, il lupino, la lenticchia, il fagiolo, il pisello da foraggio, il pisello e la fava. Ma sono importanti anche le graminacee, principalmente l’avena, la segale, l’orzo, il sorgo, perché grandi divoratrici di azoto e si utilizzano generalmente in associazione con le leguminose: le graminacee proteggono le leguminose dal freddo e queste ultime sono più resistenti alla siccità. Gli abbinamenti più usati sono avena con pisello da foraggio e avena con veccia. Infine le crucifere, che forniscono rapidamente una grande quantità di massa vegetale e riescono ad assimilare il fosforo insolubile presente nel terreno. Con il loro apparato radicale fittonante (radice ingrossata che penetra in profondità), contribuiscono a mantenere soffi ce il terreno. Le più comuni sono la colza, la senape e il ravizzone.

https://it.wikipedia.org/wiki/Sovescio

 

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Vini in anfora https://www.agricolalaricolla.it/2020/06/05/vini-in-anfora-2/ https://www.agricolalaricolla.it/2020/06/05/vini-in-anfora-2/#respond Fri, 05 Jun 2020 10:06:25 +0000 https://www.agricolalaricolla.it/2020/06/05/vini-in-anfora-2/ “Dialogare con un elemento come l’argilla, come la terra, è qualcosa che dà continuità al lavoro iniziato in campo”....

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ASSAGGI DAL MONDO
“Dialogare con un elemento come l’argilla, come la terra, è qualcosa che dà
continuità al lavoro iniziato in campo”. Così Elisabetta Foradori racconta la
sua scelta di utilizzare le anfore per la vinificazione delle proprie uve e, così,
mostra l’emozione di chi questa terra la tocca con mano tutti i giorni. Il
rispetto verso di essa e verso il vigneto passa attraverso la consapevolezza
di non aver compreso ancora tutto della vigna, della pianta, della natura. In
questa continua scoperta risiede il punto più interessante del mestiere del
vignaiolo, che entra in relazione con il vigneto e con la natura come fossero
interlocutori. E, di fatto, lo sono realmente.
Sono molte, ad oggi, le cantine che si sono avvicinate a tale metodo
produttivo, solitamente parte di un quadro agronomico ed enologico di tipo
biodinamico, ma non necessariamente. L’utilizzo delle anfore in vinificazione
è una pratica che appare come una moda, come l’invenzione dei giorni nostri,
e invece altro non è che la prima ancestralissima forma di contenitore atto ad
ospitare il processo fermentativo che trasformava già nel 5000 a.C. il mosto
d’uva in vino. Un ritorno alle origini, quindi, con la consapevolezza di oggi,
che non si basa su un mero romanticismo o su una nostalgica restituzione di
tradizioni fini a loro stesse, ma bensì su studi scientifici e su reali effetti
riscontrabili nei vini.Il contenitore in terracotta risponde concretamente
all’obiettivo di ottenere vini identitari, pregni del proprio carattere varietale e
individuale. Vini figli del proprio terroir, che non vengono coperti o deviati
dall’aromaticità del legno ma, al contrario, vengono scortati in affinamento
dalle necessarie microssigenazioni che ne permettono l’evoluzione. Talvolta
le anfore vengono interrate, così da mantenere una costante condizione
termica favorevole all’attività dei lieviti e alle fasi della vinificazione. Altrettanto
frequentemente, all’utilizzo dell’anfora viene associata la macerazione delle
uve, con durate anche piuttosto lunghe. Questa pratica garantisce,
innanzitutto, un maggior contenuto polifenolico nel vino, riducendo il rischio di
ossidazioni e consentendo quindi un minore – o del tutto assente – utilizzo di
solforosa. Inoltre, le macerazioni apportano una complessità aromatica e
strutturale nettamente superiore a quella di un vino ottenuto con separazione
immediata delle vinacce, nelle quali risiede buona parte del carattere di un
vino. Ciò vale per i rossi – come di norma si è abituati a pensare – ma anche,
e soprattutto, per le uve a bacca bianca. E spesso sono proprio queste le più
emozionanti; sono i vini bianchi a sorprendere per la nitidezza dell’impronta
che portano in calco, segno del passaggio in anfora e segno del proprio
carattere finalmente espresso, finalmente raccontato in tutta la sua articolata
profondità. Le anfore restituiscono il realismo di vini espressivi e cesellano il
profilo di vini fini, dritti, tesi. Nessuna rotondità e nessuna morbidezza di
matrice legnosa è concessa, questa volta, alla bacca, che si riappropria della
sua personale e unica tridimensionalità.
Nessun estremismo, però. Sarebbe poco realistico, infatti, generalizzare un
metodo produttivo estendendolo indifferentemente alla “vinificazione” intesa
come processo, ignorando il timbro caratteriale della varietà di uva che si ha
per le mani. Esistono alcuni vitigni che, a fronte di certe spigolosità e di certe
rudezze estreme, richiedono il supporto del legno come un compagno
complementare; necessitano del suo tannino ellagico e della sua mitezza,
sempre con l’accortezza di una gentile discrezione. Ed è forse questa
intelligenza, scaturita dall’osservazione senza preconcetti, che rende un
vignaiolo simile a un artista. In questo sta la sua grandezza e la sua abilità. In
questa capacità di guardare e di modulare il proprio agire sulla base di ciò
che c’è, spesso nuovo e diverso dalle aspettative. La capacità di rompere il
proprio equilibrio in favore di quello spostamento che, da sempre, significa
camminare.
Passione Gourmet. Sofia bandoni.

 

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